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Via Nomentana, cui tum
Ficulensis nome fuit"
(Livio, Ab Urbe condida) .
"La via Nomentana il cui
nome fu Ficulense".
La via Nomentana in origine si chiamava infatti Ficulensis perché
portava alla località di Ficulea, una delle antichissime città
fondate dagli Aborigeni ed ubicata tra le colline di Marco Simone
Vecchio, poi la via venne chiamata Nomentana perché si dirigeva a
Nomentum, località nei pressi dell'attuale Mentana.
La strada aveva origine da
Porta Collina nelle mura serviane, e da lì proseguiva in direzione
nord-est toccando Colleverde di Guidonia, Fonte Nuova, Mentana
(l'antica Nomentum) e Monterotondo ed arriva infine a Monterotondo
scalo dove confluisce nella via Salaria.
La strada usciva dalle mura Serviane dalla Porta Collina e dalla
Mura Aureliane dalla posterula Nomentana, ancora oggi visibile a
sinistra di Porta Pia in corrispondenza di una rientranza della
mura che ne facilitava la difesa, e, con un tracciato ormai
sepolto sotto l'attuale Palazzo del Ministero dei Lavori Pubblici,
s'inerpicava sulla collinetta sulla destra dell'attuale viale
alberato in corrispondenza dell'attuale via dei Villini. A
testimonianza di questo antico tracciato, al n.32 di via dei
Villini c'è l'ingresso ad uno dei più antichi complessi
catacombali, le catacombe di San Nicomede .
Oltre Nomentum, la via proseguiva, ricongiungendosi alla Salaria
su due diversi percorsi: uno più breve per Eretum (località Casa
Cotta, poco a nord di Monterotondo), l'altro per Grotta Marozza,
Torre Fiora e Monte Libretti fino ad Acquaviva di Nerola al km.
44.
La strada dovette essere particolarmente usata per la transumanza,
come testimonia la presenza del simboli di Ercole, protettore
delle greggi, sul Ponte Nomentano (vedi sotto).
Al VII
miglio della Via Nomentana, dove sono stati trovati resti di muri
e frammenti fittili dei secoli V-VI d.C.(complesso martiriale) che
denotano la p la presenza di centri rurali, inizia la nostra
storia. Una storia, la
nostra, collocata nella diocesi
di Nomentum, che risulta tra le più antiche circoscrizioni
episcopali del Lazio, una delle più ricche di santuari martiriali.
Questi santuari-basiliche martiriali del suburbio romano vengono
utilizzate per la pastorale e per la liturgia ebdomadaria. Ad
esempio Giovanni III (561-574) si premurò di conservare la
consuetudine di celebrare la messa la domenica nei “cymiteria
sanctorum martyrum”.
La basilica paleocristiana
con cimitero venne alla luce nel 1854 quando la Congregazione "de
Propaganda Fide" condusse una campagna di scavi nella tenuta
Capobianco in località Pietra Aurea oggi Coazzo . Nel tardo
medioevo qui si estendeva la vasta tenuta di S.Agata. Dopo vari
passaggi di proprietà, nel 1526, il Cardinale Lorenzo Pucci,
vendette una parte della sua tenuta a Cola Jacobacci:da questo
nome deriva, per corruzione, l’attuale denominazione Coazzo. Nel
1536 i Tebaldi,, proprietari di altri terreni, ne vendevano una
estesa porzione al Cardinale Alessandro cesarini. Alla fine del
1700, la tenuta Coazzo-Cesarini è acquistata dal Cardinale Enrico
B.M.C. Stuart di York, ultimo discendente della famosa dinastia
scozzese, il quale nel 1807, la lascia per testamento a Propaganda
Fide.

Nel 1891 l’Armellini scriveva circa il
ritrovamento:
“L' anno 1854 facendosi degli scavi in un tenimento
appartenente al Monte Caraffa, al decimo chilometro
della via Nomentana, in quella parte della tenuta di
Capobianco detta il Coazzo, si scoprirono grandi
tracce d' una basilica inviscerata entro un cimitero
cristiano ricco d' iscrizioni e adorno di pitture. Non
si esitò a riconoscere in quella basilica e nel
cimitero annesso, quello di s. Alessandro; ed infa
innanzi alla cattedra episcopale, di fronte al bema
presso un cavo over era il posto dell' altare e del
sepolcro dei martiri, si trovò parte della transenna
marmorea, che circondavano la dedicazione dell' altare
medesimo fatta da un vescovo di nome Ursicino nel
secolo V: . . . . . E . T ALE . XANDRO
DEL . IC . A . TVS VOTO POS . V . IT DEDICANTE
EPISCOP. VRSO (episcopo Urso).
Questa scoperta pose il suggello della conferma alle
induzioni degli archeologi fatte su quella basilica.
È poi chiaro che innanzi al nome di Alessandro si
dovevano leggere quelli degli altri due martiri suoi
compagni Evenzio e Teodulo, il che è grave indizio che
l' Alessandro qui ricordato non era il papa.
L' iscrizione votiva del personaggio di nome Delicato
e del vescovo Urso od Ursicino che dedicò l' altare
sul sepolcro dei martiri, spetta alla prima metà circa
del quinto secolo; è contemporaneo perciò alla
edificazione di quella basilica, la quale poscia fu
con posteriori opere ed ampliamenti trasformata.
E qui cade in acconcio il far osservare, come la
posizione dell' altare dei predetti santi, che sorge
sul loro primitivo sepolcro, non sta nè sull' asse del
edicio,º ma più a sinistra; nè in
squadra, come suol dirsi, coll' asse medesimo, ma
obliquamente a questo. Il fatto degli altari così
obliquamente situati nelle basiliche e negli oratorî
primitivi, dipende dalla grande venerazione che si
aveva per i corpi dei santi, per la quale nei primi
secoli della Chiesa non si ardì punto rimuoverli al
loro primitivo luogo: avvene quindi che non volendosi
toccar il sepolcro, e spesse fiate per le condizioni
locali nnpotendosi, secondo le leggi della simmetria,
coordinare all' avello celebrato l' oratorio che gli
si edificava al disopra, ne conseguiva questa
irregolarità. La basilica infatti è inviscerata nel
cimitero, e parte delle sue gallerie furono
appositamente distrutte, rimanendone gli sbocchi al
fianco della medesima, che alla destra e alla sinistra
del sacro edificio fanno capo.
In fondo all' edificio, nel bema, resta la nicchia
e parte della cattedra episcopale colle tracce dello
scaglione o sedile pel clero: l' area del presbiterio
è chiusa da una specie di abside opposta a quella
della tribuna, ai lati della quale rimangono ancora le
basi di due colonne. L' ingresso principale della
basilica e la sua fronte guardano la via Nomentana,
sul cui margine quasi sorgeva. Ivi presso la porta
restano ancora le due colonne fiancheggianti il
vestibolo.
Nel pavimento si vedono numerosissime iscrizioni,
alcune delle quali stanno ancora al loro posto,
corrispondente cioè ai rispettivi sepolcri; mentre
altre, da quelli rimosse, furono adoperate come
materiale qualunque ad uso di lastrico.
Fra questi preziosi avanzi resta ancora una delle
piccole basi sostenenti le colonne del tegurium, cioè
della confessione.
Nella sua frte si legge la fine di un' iscrizione
votiva che ricordava la divozione e la generosità di
due coniugi clarissimo verso il martire Alessandro
e i suoi compagni; della dedica restano sol le parole
seguenti:
IVNIA SABINA
C. F. EIVS
FECERVNT
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SANCTORVM
ORNAVIT
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Ale altre iscrizioni appartengono a vescovi diversi.
Una si riferisce ad Adeodato, il cui episcopato fu di
due anni e nove mesi, e che visse alla fine del
secolo V o sugli esordî del VI. Il secondo vescovo
ricordato è alquanto posteriore; poichè sebbene il
nome sia perito colonna marmo, vi resta la data della
morte corrispondente all' anno 569, quando in Roma
viveva Giovanni III, che morì nel 573. Assai più antico
d' ambedue è il terzo vescovo di nome Pietro, che
risale alla fine del secolo III o al principio del IV.
L' epigrafe è semplicissima, ed è così formulata:
PETRVS EPISCOPVS IN PACE XIII KAL. MAIA XIII. KAL.
MAIAS.
Due volte è ripetuta la data della deposizione. A queste memorie episcopali si collegano due epitaffi:
l' un di un diacono; l' altro rarissimo, di un
suddiacono, che è il seguente:
HIC. QVIESCET APPIANVS. SVBDIACONVS. QVI. VIXIT.
ANNV. (sic)
XXXII. DIES XXVIII. D. III. IDVS. APRI. CON.
POSTVMIANI. VC.
È noto che nei tempi più antichi i diaconi
ministravano ai soli vescovi.
L' iscrizione è dell' anno 448, segnato appunto dai
consoli Flavio Zenone in Oriente e rufo Pretestato
Postumiano in Occidente. A sinistra della basilica si
trova un cubicolo storico col pavimento in musaico
e colle tracce d' un sepolcro ornato. La stanza
predetta dovette essere stata evidentemente una cripta
storica annessa alla basilica, nella quale giacque uno
dei martiri dell' insigne gruppo.
Moe altre epigrafi portano data consolare, tra la
quale ricordo anche la seguente che spetta forse ad un
chierico. Ad imitazione di tanti pii personaggi
addetti al clero sia inferiore che superiore, si sa
che i chierici presiedevano talvolta al canto dei
salmi durante la liturgia.
L' epigrafe, cui è premessa la croce, è mutila:
HIC REQVIESCI . . . .
VOCE LAVDARE QVIE . . . .
ANN. XVI ET ANTEVS . . . .
CIVNT.
ANN. LX E . . . .
IMP. D. N. IVSTINO. . . .
La data dell' imperatore Giustino giuniore con cui si
conchiude l' epitaffio, fa risalire questa memoria
alla seconda metà del secolo VI, cioè fra gli anni 567
e 578.
Presso il sepolcro dei martiri vi ottenne il suo una
defunta, sul cui marmo fu ricordato che essa ricevette
prima di morire il battistero, e che perciò era nel
catalogo di coloro, ai quali giustamente conveniva il
titolo di fedeli:
SPARACINA FIDELIS
PP. VI. IDVS . . .
Questa basilica dedicata ad un martire Alessandro,
creduto il papa di questo nome, era retta da un clero
locale che avea quivi la sua dimore e che provvedeva
al governo degli abitanti del vicino pago di Ficulea
e delle prossime ville di Sabina. Gli atti infatti che
vanno sotto il nome di s. Alessandro, e che presentano
i caratteri d' una narrazione scritta assai tardi,
ricavata da documenti incerti ed oscuri e da racconti
popolari, accennano all' istituzione di un vescovo
proprio del luogo ove quei martiri furono sepolti:
e le iscrizioni ivi ritrovate danno qualche valore ed
accreditano così almeno il fondo storico di quel
documento.
Mariano Armellini, Le chiese di
Roma dal secolo IV al XIX, tipografia vaticana 1891.
Dunque, Il complesso edilizio quivi scoperto, appartenente a varie
epoche fu riconosciuto per quello delle catacombe del
martire S. Alessandro, di cui il martirologio
geronimiano(seconda metà del sec. V) pone la memoria
al 3 maggio in un luogo sulla Via Nomentana al VII
miglio da Roma insieme a quella dei martiri Evenzio e
Teodulo. "V Nonas Mai, Romae, Via Nomentana, miliario
VII, Natale Sanctorum Heventi, Alexandri Teoduli".
Secondo la passio del martire scritta tra il V e il VI secolo la donna
che aveva curatao la sepoltura di Alessandro,Evenzio e
Teodulo, una certa Severina, avrebbe ottenuto dal Papa
Sisto I , la presenza stabile di una clero incardinato
nella parrocchia rurale. In questo periodo il
Santuario e l’area funeraria annessa erano in
funzione. Basti ricordare che alla meta del VII secolo
il santuario di S. Alessandro, si trovava inserito
insieme a pochissimi altri nel territorio circostante
Roma nel circuito di visita dei pellegrini che
giungevano nella città per pregare sulle tombe dei
martiri. Lo attesta una delle guide redatte in quel
periodo, l’Itinerario Malmesburiense. Nei sacramentari
romano,leoniano e gelasiano, troviamo il ricordo di
questi nostri martiri. La basilica di S.Alessandro
conservò il suo ruolo di importante centro di
pellegrinaggio fino alle sue ultime fasi di vita
probabilmente anche dopo la traslazione dei corpi dei
nostri martiri, agli inizi del secolo IX ad opera di
Pasquale i 8817-824) nell’Oratorio di S.Agnese, presso
la chiesa romana di santa Prassede. Da questo momento
il suo declino.

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